In questo periodo è tornata ad avere la sua attenzione, nel bene o nel male; è la pillola per l’aborto farmacologico conosciuta come RU486 che adesso è possibile somministrare in day-hospital anche alla 9° settimana di gravidanza.


Da Ottobre 2020, per motivi di lavoro, lavoro che posso definire improvviso e provvidenziale, mi trovo a Torino, Settimo Torinese per la precisione; un periodo in cui la pillola abortiva conosciuta come RU486 riempie i siti internet italiani e non solo.

La culla della pillola

Leggendo tra vari articoli ho scoperto che proprio Torino è la culla, si fa per dire, della promozione dell’aborto prima e della diffusione di quello farmacologico poi, dove un certo, e ormai famoso, Dott. Silvio Viale da decenni è il responsabile del servizio unificato per l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) presso l’Ospedale S. Anna di Torino, appunto.

Torino

Torino è al primo posto in Italia per la somministrazione della pillola RU486 e l’Ospedale S. Anna è il luogo dove è iniziata la sua prima sperimentazione. In un documento redatto dall’Associazione Radicale ‘Adelaide Aglietta’ si legge così :

L’8 settembre 2005, dopo l’avvallo definitivo del Ministero e a cinque anni dall’interrogazione all’Assessore regionale D’Ambrosio, l’Ospedale Sant’Anna di Torino annuncia che, con l’avvio della sperimentazione, la prima donna ha abortito utilizzando l’RU486.1

Sempre a Torino su 4.012 IVG, 1.917 (47,8%) avvengono tramite l’uso della RU486 e prostaglandine.2

Perché le donne ricorrono all’IVG

Provare a scrivere l’infinito e insondabile mondo delle motivazioni per cui una donna ricorre all’IVG è arduo e presuntuoso, e potrebbe sembrare un voler porre giudizi da un lato, o giustificare dall’altro, su una scelta difficile e che apre ferite profonde.

Una mia conoscente mi raccontava che la figlia di una sua amica che era stata appena assunta in un importante posto di lavoro, aveva deciso di abortire perché riteneva impensabile comunicare la notizia di una gravidanza al suo nuovo datore di lavoro.

Poi per grazia di Dio optò per la vita.

Ci sono alcune donne che ricorrono all’IVG perché a capo di famiglie numerose o in difficoltà economiche.

Altre persone parlando di aborti manifestano perplessità nel pensare di mettere al mondo una creatura disabile, soprattutto se grave, non potendogli garantire una vita normale e dovendo sopportare una vita troppo sacrificata.

Poi c’è anche il caso di alcune persone che non sono disposte a prendersi cura di un/a figlio/a disabile che da lì a poco dovrà morire comportando sofferenze e ferite.

Ci sono scelte di IVG causate da maltrattamenti e violenze sessuali se non addirittura da incesti che portano in sé ferite profondissime che non oso pensare né immaginare.

La legge sull‘IVG

Tanti sono i motivi che spingono all’aborto nell’immenso mare delle debolezze umane alimentati dalla percezione che le scelte siano semplici e facili da attuare, percezione sostenuta anche da chi dovrebbe tutelare la vita e invece non lo fa.

La legge 194 del 22 maggio 19783 rende legale l’aborto in Italia ma sembra contraddittoria già leggendo il titolo:

Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria di gravidanza.

L’articolo 1 recita inoltre:

Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio.

Per essere una legge per la tutela sociale della maternità ha un bell’inizio, peccato che poi usa la ‘tenera’ definizione di ‘interruzione volontaria di gravidanza’, comodamente abbreviata con IVG, per farsi garante dell’aborto e delle sue dannose conseguenze.

Sì, perché l’aborto non è poi così semplice come ce lo vogliono raccontare, primo perché sopprime una vita e poi perché le conseguenze per le donne comportano ferite indelebili.

Il limite dei 90 giorni

La legge distingue l’IVG prima e dopo i 90 giorni di gravidanza, permettendola qualora ci sia un serio pericolo per la salute fisica e psichica della donna in relazione alle sue condizioni o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito, (art. 4), previsioni che, aggiungo io, in quanto tali possono essere errate.

Dopo i 90 giorni, l’IVG può essere praticata quando sussista grave pericolo per la vita della donna o quando siano state accertate rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro che determinino grave pericolo per la salute fisica e psichica della donna (art. 6).

All’articolo 5, la legge 194, stabilisce che i consultori e la struttura socio-sanitaria devono garantire i necessari accertamenti medici e rimuovere le cause che lporterebbero la donna all’IVG.

L’aborto è consentito anche alle minorenni con ‘assenso di chi esercita sulla donna stessa la potestà o la tutela’.

Le linee di indirizzo del Ministero della Salute

Al centro dell’intera struttura della legge 194 c’è la donna con il proprio diritto alla procreazione cosciente e responsabile, come già evidenziato in precedenza; niente che tuteli la vita nascente, ma questa è un’altra triste storia.

La pratica dell’aborto farmacologico con la pillola RU486 e prostaglandine rende ancora meno esplicita la tutela del nascituro visto che è stato proposto dal Ministero della Salute che questa pratica venga allargata dalla 7° alla 9° settimana4.

Queste linee di indirizzo non hanno niente a che vedere inoltre anche con la tutela della salute della donna visto che la somministrazione della RU486 può avvenire in day-hospital, sovvertendo le precedenti linee d’indirizzo del 2010 che allertavano sui rischi dovuti all’uso della pillola5.

L’aborto farmacologico

‘L’aborto farmacologico è una pratica abortiva distinta in più fasi che si basa sull’assunzione di almeno due principi attivi diversi, il mifepristone (RU486) e una prostaglandina, a distanza di 48 ore l’uno dall’altro.

mifepristone e prostaglandine

Il mifepristone, interessando i recettori del progesterone, necessari per il mantenimento della gravidanza, agisce sul lato abortivo inteso come cessazione della vitalità dell’embrione; l’assunzione del secondo farmaco, della categoria delle prostaglandine, determina l’espulsione del prodotto abortivo.

L’atto farmacologico si articola in un percorso temporale piuttosto lungo, quasi mai inferiore a tre giorni e vi sono implicazioni estremamente importanti dal punto di vista psicologico sulla donna che ha deciso di seguire questo difficile e doloroso percorso.

Cosa deve sapere la donna

Nella descrizione del metodo farmacologico, va specificato che le maggiori complicazioni riguardano il sanguinamento con necessità di emostasi chirurgica, l’anemia con necessità di trasfusione (2:1000 casi), l’infezione (ad esempio: Clostridium Sordelli).

La donna deve sapere che:

Non è possibile stimare a priori il momento in cui avverranno la morte dell’embrione e la sua successiva espulsione. Dalla letteratura scientifica è noto infatti che, mediamente, il 5% delle donne espelle l’embrione solo dopo il primo farmaco, il 60% entro 4-6 ore dal farmaco, il 20-25% entro 24 ore e il 10% nei giorni successivi6.

Certo, i dati devono essere aggiornati ma i rischi a cui va incontro la donna rimangono gravi.

Tutto questo spiega perché l’aborto farmacologico, oltre a essere una pratica che sopprime una vita, non può considerarsi a tutela della salute della donna che voglia abortire, e la pillola abortiva RU486 non può e non deve essere considerata ‘come fosse un digestivo‘ da gestire tranquillamente a casa, come invece ultimamente suggerito dalle nuove linee di indirizzo del Ministero della Salute. Queste ultime fanno riferimento…

alla raccomandazione dell’OMS, alle più aggiornate evidenze scientifiche, nonché al ricorso nella gran parte degli altri Paesi Europei al metodo farmacologico di interruzione della gravidanza in regime di day-hospital e ambulatoriale,

si legge, ma senza entrare nel merito!

Scegliere la vita

I documenti descritti sopra sono solo linee di indirizzo che però toccano il delicato mondo della vita e del diritto alla vita del nascituro dal momento del suo concepimento fino al suo compimento su questa terra.

Conosco genitori che pur di donare un solo istante di vita alla propria creatura hanno lottato in condizioni estreme con la vita.

Quale segno più grande sale in cielo di una mamma che dona la vita per dare la vita.

Conosco genitori che hanno sacrificato la propria vita pur di ricevere un sorriso o un abbraccio dal proprio figlio disabile.

Quale segno più grande sale in cielo di un genitore che sacrifica la vita per scambiare gesti d’amore.

Conosco genitori talmente aperti alla vita che non hanno paura dei turbamenti della vita.

Cuori in cielo
Segni in cielo

Quale segno più grande sale in cielo di un genitore che ama la vita ed è luce per i propri figli.

Conclusioni

Una donna che decide di abortire si trova davanti la scelta per o contro la vita, il chiaro contro l’opaco, la luminosità contro l’oscurità.

Come scrive Anselm GRUN nel suo libro ‘Fare la scelta giusta’:

La massima dignità dell’uomo – e della donna aggiungo io – consiste nel partecipare all’azione creatrice di Dio (…) Lo scopo di questa creazione era l’uomo che Dio ha creato a sua immagine e somiglianza

Allora faccio mie le Parole dell’autore quando scrive:

Per questo auguro a voi, (…) che vi decidiate sempre per la vita, che prendiate decisioni che diano una direzione chiara alla vostra vita, che la facciano fiorire. E vi auguro la chiarezza interiore nelle vostre decisioni e la libertà e la fiducia nella vostra coscienza, la fiducia nella vostra voce interiore7.


(2) dati ISTAT 2018

(6) fonte: Linee di indirizzo sulla interruzione volontaria della gravidanza con mifepristone e prostaglandine – Ministero della Salute, 24 giugno 2010).

(7) Anselm GRUN – ‘Fare la scelta giusta’ – Ed. San Paolo.

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